La città educativa
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Le luci dell’Illuminismo ci hanno lasciato un’eredità fondamentale: l’idea che ogni essere umano sia degno di essere educato lungo tutto il corso della sua vita.
Da allora – e ancora oggi – questa educazione continua a cercare la sua forma. Sappiamo ormai che la forma scolastica, per quanto importante, non è sufficiente, e che l’educazione riguarda tanto la famiglia quanto l’intera società. Per questo è fondamentale chiederci in che modo la città, attraverso la sua architettura, il suo funzionamento, ma anche grazie a tutte le iniziative della politica e della società civile, possa contribuire all’educazione dei bambini e di tutti i cittadini. Immaginare la città nel suo insieme come educante può sembrare un’utopia particolarmente feconda.
Tuttavia, questo progetto non è privo di ambiguità: le grandi utopie urbane – da Platone a Campanella, da Tommaso Moro a Nicolas Ledoux – ci mostrano quanto il ""tutto educativo"" possa scivolare nella fascinazione meccanica di una società del controllo. Le nuove tecnologie, d’altronde, sembrano offrire strumenti potenti per realizzare questo modello. Diversamente, alcuni pedagogisti propongono una visione naturalistica dell’educazione, contrapponendo alla metafora dell’orologio quella dell’orto o del giardino – anch’essa, però, non priva di aspetti discutibili.
Quale strada possiamo dunque intraprendere per trasformare le nostre città in spazi di autentica emancipazione e di scoperta della solidarietà che ci unisce?